Testimonianze

Ecco la testimonianza di Elena

È difficile trovare le parole esatte per descrivere l’esperienza ad Atambua e più in generale il viaggio in Indonesia realizzato nel 2013. Partivo senza sapere troppo cosa aspettarmi e cercavo soprattutto un’esperienza umana all’interno di un contesto culturale diverso da quello occidentale, in un Paese lontano ed esotico, in cui i riferimenti sociali e istituzionali fossero diversi. E speravo che un periodo di servizio presso una missione francescana, attraverso quel suo carisma proprio alla gratuità, essenzialità, alla condivisione con “Madonna povertà” e tutto il creato, potesse in parte alleggerirmi di mesi trascorsi su teorie liberiste e serate in costosi ristoranti di una grande capitale benestante e fredda. E così è stato, e molto di più.

L’Indonesia è un Paese bellissimo, così diversificato nelle sue molteplici espressioni religiose e sociali e così rispettoso come spesso lo sono le civiltà di origine asiatica. La modernità e la vitalità caotica di Jakarta, una metropoli (senza metropolitana !) da 30 milioni di abitanti, fanno spazio ai templi millenari buddisti e indù di Yogyakarta, immersi nel silenzio e nel verde smeraldo della foresta tropicale.

Dall’inquinamento e il traffico di realtà urbane così densamente popolate, dove ci sono raramente marciapiedi e pochi mezzi pubblici, si passa a vere e proprie oasi di pace come le centinaia di spiagge bianchissime, le piccole realtà rurali dove il ritmo rallenta e i siti di culto di ben 4 religioni diverse. Le giornate sono scandite dalla preghiera del muezzin e in parte comprendono diverse ore passate in auto, su grandi tangenziali a 4-5 corsie che attraversano quartieri modernissimi, ma anche zone molto povere. Cartelloni pubblicitari enormi colorano il cemento e le facciate degli edifici ingrigite dallo smog. In questa giungla d’asfalto non si intravedono pedoni e i soli mezzi di trasporto a due ruote sono motociclette che spesso trasportano un adulto e 2-3 bambini piccoli, rigorosamente tutti senza casco !

Ero contenta che la mia destinazione fosse una remota isola nell’Oceano Indiano, in cui speravo che la presenza di una maggioranza religiosa cristiano-cattolica permettesse orari di sveglia più…umani !!! E invece…Per raggiungere il villaggio di Atambua, sede della missione francescana, si attraversa tutta l’isola di Timor su un’unica strada dissestata, in cui transita di tutto : dalle biciclette ai carri trainati dagli animali, dai suv agli autobus di linea in cui per entrare è necessario piegarsi a metà. Si attraversano villaggi, mercati locali, fiumi e risaie che luccicano dorate al tramonto. Lungo il ciglio della strada si alternano gruppi di bambini in divisa che rientrano da scuola a piccoli chioschi che vendono benzina per motorini assieme a pesce fresco, contadini, pescatori, carpentieri, ragazze dallo sguardo dolce e gatti magrissimi. E’ un lungo viaggio, e tanta é la voglia di raggiungere finalmente la Biara delle Ancelle di Maria (il convento in indonesiano), che il tragitto sembra infinito !

Atambua è un villaggio di circa 45.000 abitanti, di cui ho avuto l’impressione che la metà fossero ragazzini, tanti se ne intravedono ovunque. Tutte le persone che ho incontrato nelle 3 settimane che sono rimasta, senza nessuna eccezione, sono state estremamente ospitali, cordiali e accoglienti : sempre un saluto, un sorriso quando la diversità linguistica impediva anche solo uno scambio di saluti e tanti tanti inviti presso le loro case o villaggi limitrofi o aule scolastiche. I bambini non hanno paura di prenderti la mano e fare un tratto di strada a piedi con te o cantare una canzone in Italiano, e le ragazze sono così curiose sulla vita, la musica, la moda, la realtà dei Paesi occidentali che è impossibile non trovare un argomento per fare qualche chiacchiera « tra donne » ! Ecco, devo anche ammettere che ho scoperto solo là, chiacchierando con i giovani e gli adulti, seminaristi inclusi, che la Juve ha vinto l’ultimo campionato Italiano, il Manchester United quello Inglese e il Bayern Monaco quello Tedesco e che il numero esatto di mondiali di motociclismo vinti da Valentino Rossi è 6! Con profondo rispetto e naturalezza , tante persone mi hanno avvicinato, riconosciuto, aperto le porte delle loro famiglie come se facessi parte della loro comunità, come se vivessi lì da sempre, come se la lingua, l’origine e le diverse usanze non costituissero nessun tipo di ostacolo all’incontro e allo scambio. Come sono diverse le nostre città occidentali, dove non conosci i tuoi vicini, il barista all’angolo continua a insistere che lui proprio non te lo può fare un caffè ristretto perché la macchina ha un solo pulsante standard e dove la percentuale di cani per abitante é maggiore di quella dei bambini !

Alla missione francescana di Atambua ci sono tante cose da fare e la giornata comincia all’alba : riassettare gli spazi comuni e le vicine canoniche, confezionare addobbi floreali per matrimoni e celebrazioni religiose, organizzare le attivitá per i bambini del sabato pomeriggio, prendere contatti con dentisti , pediatri, genitori ansiosi, pulire kili di verdure stranissime ma soprattutto seguire 180 ragazzine dagli 11 ai 16 anni che, lontane da casa, hanno tutti i mali e ne combinano di tutti i colori ! Le ragazze che vivono nei due collegi gestiti dalla missione, sono tante, chiassose, distratte e spesso cercano un abbraccio piuttosto che un aiuto per i compiti e si dimenticano di mangiare a causa della stanchezza o dello sconforto. Le postulanti e le novizie, assieme alle suore, le accompagnano nei diversi momenti della giornata : dalla sveglia, alla preparazione dei pasti, lo studio, e poi le pulizie, la cucina, il gioco della pallavolo, le attivitá di giardinaggio e di decorazione dell’ambiente circostante, fino al momento del sonno. Tutto questo con grande responsabilitá, con la delicatezza e la fermezza di sorelle maggiori pronte ad accogliere, correggere e perdonare. Il profondo rispetto e la comprensione reciproca creano un clima armonioso, dove ciascuna si sente accettata e amata per quello che é, con la sua storia personale e desideri unici. Le piccole baruffe e gli sgarbi silenziosi vengono discussi apertamente e risolti in una dimensione comunitaria, e la parola « pace » assume qui quel significato concreto di condivisione e di fratellanza, anzi…. sorellanza!

Tutto questo vissuto ogni giorno con lo sguardo rivolto verso il Cielo, a richiedere che il Suo amore dia la forza e la convinzione di crederci sempre, e che la Sua presenza incarnata nei volti delle giovani studentesse, delle centinaia di rifugiati da Timor Est, dei padri stanchi di famiglie molto numerose rinnovi costantemente la vocazione al servizio missionario alla sequela di Cristo, camminando sulle orme di Francesco. Un’esperienza di umanità e incarnazione, dove le comunità religiose affiancate dalle famiglie locali, collaborano all’educazione dei giovani e al sostegno dei più indigenti, e dove l’amicizia si allarga verso la condivisione gratuita della propria casa e del proprio tempo con generosità e veridicità. Ho trovato tanti sorrisi e tanto entusiasmo, anche nelle esperienze più faticose, ma soprattutto un grande calore umano capace, anche di fronte al dolore, di creare un abbraccio profondo e avvolgente verso qualsiasi persona, anche una straniera di passaggio.

Elena